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Un favo colante di miele e di api sotto la lapide di Padre Giuseppe Ambrosoli

25 luglio 1923 – 27 marzo 1987: in ricordo del Beato Giuseppe Ambrosoli

Un favo colante di miele, simbolo di parsimonia e operosità, è stato ritrovato in occasione dello scoperchiamento della tomba di Padre Giuseppe per l’esumazione in vista della beatificazione.

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25 luglio 1923 – 27 marzo 1987: in ricordo del Beato Giuseppe Ambrosoli

24 marzo 2023 – “E’ stato un momento molto forte quando nel novembre 2020 ho assistito a Kalongo all’apertura della tomba di padre Ambrosoli per l’esumazione in vista della beatificazione, ma ancora più emozionante quando sotto la lapide di cemento che la ricopriva è stato trovato un favo colante di miele e di api” – ricorda Giovanna Ambrosoli, presidente di Fondazione Ambrosoli.

“Proprio in questi giorni, a ridosso dell’anniversario della morte di padre Ambrosoli, mi è arrivata la relazione del prof. Colombo dell’Università degli Studi di Milano che ha studiato quel favo che avevo riportato dall’Uganda e desidero condividerla alla vigilia di nuova missione a Kalongo.  E’ difficile in situazioni come queste definire il confine con la scienza, leggo questo ritrovamento ancora una volta come un segno tangibile di quell’operosità infinita e amorevole che padre Giuseppe ci ha lasciato e che ci ricorda di guardare al prossimo, di rimanere a fianco dei più bisognosi e di costruire un futuro migliore per le nuove generazioni.”, dichiara Giovanna Ambrosoli.

Relazione del Prof. Mario Colombo, docente di entomologia apidologia presso l’Università degli Studi di Milano, sulla presenza di un favo colante miele e di api sotto la lapide di Padre Giuseppe che è stata scoperchiata per l’esumazione in previsione della beatificazione.

Certi fatti non possono essere interpretati con motivazioni scientifiche, non ne hanno bisogno e non lo devono essere. Il valore ascetico supera quello materiale dettato dall’uomo. Ciò nonostante, proprio da qui voglio partire. 

Con la esumazione di Padre Giuseppe, sono affiorati, fra la lapide e la bara, dei favi di cera, colmo di miele e contornato da api vive e attive. Non ci si può limitare allo stupore dettato dalla presenza del piccolo nido, infatti, non è frequente trovare api che per loro bizzarria etologica, (non distinguendo quanto è bene o male, quanto è logico o illogico per la mente umana), vadano a colonizzare loculi e raramente tombe nel terreno. Le api cercano un luogo protetto dove potere costruire il loro nido. Il resto sul giudizio di stranezza del posto scelto dalle api, lo ometto. Nella fattispecie la cosa che stupisce è che la salma di Padre Ambrosoli da Lira, morto nel 1987 a Kalongo, traslato nel 1994, da allora, non è mai stata colonizzata da alcuna famiglia di api. Ne sarebbe stata prova la vecchiezza dei favi, eventualmente dopo tanto tempo, addirittura abbandonati dalla colonia. Stupefacente è il ritrovamento, con l’apertura della tomba, di una colonia di api, di insediamento recente. Fatto provato dalla presenza di api attive, da favi appena costruiti e colmi di fresco miele. La scienza non deve spingersi oltre certi limiti, non deve, non ne ha titolo e non può farlo quando i segnali lanciati dalla Provvidenza, sono univoci, certi e di genesi sacra. Le api filtrate da un pertugio impossibile, hanno prodotto e colmato di miele delle cellette, esattamente a distanza di 35 anni dalla morte e precisamente nei giorni in cui Padre Giuseppe dopo avere lasciato la vita terrena, compiva un ultimo volo, per tornare nel suo paese d’origine. Questa volta non da solo, ma accompagnato dal vibrare delle ali delle api, col loro nettare per rendere dolce questa partenza e con questo piccolo miracolo. La trina congiunzione del Sacerdote, del nome Ambrosoli e con le api, simbolo di parsimonia e di operosità. Quella medesima operosità che Padre Giuseppe ha prodigato in Uganda, tanto lontano dai suoi natali. Api a fianco al suo corpo… entrambi segno tangibile di lavoro per la comunità, senza risparmio di energie e con guida il cuore.

Padre Giuseppe Ambrosoli è una delle figure di missionario che hanno lasciato il segno: il suo spirito imprenditoriale e la sua sana cultura del fare sono sempre andati di pari passo con la fede e la carità, mostrando come il coraggio, la cura e la gratuità siano capaci di riempire la vita di significato per il prossimo. La sua energia e operosità si vedono oggi ogni giorno nelle corsie della pediatria, maternità e chirurgia e negli ambulatori grazie all’instancabile lavoro di medici e volontari e delle future ostetriche che si prendono cura di quel fiume di gente paziente e fiduciosa che, in coda, ogni giorno attende per essere visitato.

Da 25 anni, la Fondazione è a fianco dell’ospedale e della scuola di ostetricia per alleviare le sofferenze e donare futuro a chi vive in uno dei luoghi più poveri e ignoti dell’Uganda, grazie al contributo di quanti credono con noi che la sofferenza abbia pari dignità ovunque e che per questo sia importante prendersene cura.

Farmaci e vaccini, latte e cibo terapeutico, materiale sanitario, strumenti chirurgici, apparecchiature salvavita non possono mancare, a questi si aggiungono gli stipendi del personale ospedaliero (circa 250 persone), il carburante per l’ambulanza, le batterie del generatore per quando l’elettricità viene a mancare …

Ognuno è libero di scegliere l’importo e la frequenza di una donazione regolare, di modificarla o annullarla in qualsiasi momento. Ogni piccolo contributo è come il polline di un’ape che contribuisce al ciclo della vita.

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